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Le nazioni più xenofobe sono quelle che causano il riscaldamento globale

Introduzione: Chi paga le conseguenze del riscaldamento globale nei paesi più poveri, di norma quelli che tra l’altro lo subiscono maggiormente? Viviamo in una situazione a dir poco paradossale. Gli Stati che da secoli sono tra i principali responsabili dei crimini del passato come lo schiavismo e il colonialismo e di quelli del presente, come il neo o post colonialismo e le emissioni di CO2 – le quali a loro volta sono in parte ree di provocare l’aumento di alluvioni, tempeste, cicloni, innalzamento del livello del mare e riscaldamento delle acque – sono gli stessi che oggi attuano politiche xenofobe e respingenti nei confronti degli abitanti che per primi hanno costretto a lasciare le terre d’origine, soprattutto in Africa come altre zone del terzo mondo.
Urge una commissione riparatrice per riparare ogni danno con moneta sonante.
In alternativa, qualora i discendenti o le vittime attuali dei propri crimini si presentino alle loro porte, nazioni come gli USA, il Regno Unito, ma anche la Francia, la Germania e l’Italia come minimo dovrebbero mostrare accoglienza e sincero pentimento.

In particolare, le emissioni di carbonio dell’1% più ricco del mondo saranno 30 volte superiori al limite di 1,5°C nel 2030.
Secondo una ricerca pubblicata nel 2021, l’impronta di carbonio dell’1% più ricco della popolazione mondiale sarà 30 volte superiore al livello compatibile con l’obiettivo di 1,5°C fissato dall’Accordo di Parigi nel 2030. Ciò avviene mentre i delegati sono alle prese con come mantenere vivo questo obiettivo alla riunione COP26 di Glasgow.
Nel 2015, i governi hanno concordato l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, ma gli attuali impegni per ridurre le emissioni sono ben al di sotto di quanto necessario. Per rimanere entro questo limite, ogni persona sulla Terra dovrebbe emettere in media appena 2,3 tonnellate di CO2 all’anno entro il 2030: si tratta di circa la metà dell’impronta media di ogni persona sulla Terra oggi. Lo studio, commissionato da Oxfam sulla base di una ricerca condotta dall'Istituto per la Politica Ambientale Europea (IEEP) e dallo Stockholm Environment Institute (SEI), stima come gli impegni dei governi influenzeranno l'impronta di carbonio delle persone più ricche e più povere in tutto il mondo. Tratta la popolazione globale e i gruppi di reddito come se fossero un unico paese. Si rileva che entro il 2030:

    Nel 2030 la metà più povera della popolazione mondiale emetterà ancora ben al di sotto del livello allineato a 1,5°C.
     
    L’1% e il 10% più ricchi della popolazione supereranno questo livello rispettivamente di 30 e 9 volte.
     
    Per raggiungere questo livello, una persona appartenente all’1% più ricco dovrebbe ridurre le proprie emissioni di circa il 97% rispetto a oggi.

Ma a dimostrazione del fatto che l’accordo di Parigi del 2015 sta avendo un certo impatto, il 40% medio è sulla buona strada per ridurre le emissioni pro capite del 9% dal 2015 al 2030. Si tratta di una svolta per un gruppo, che è composto principalmente da cittadini in paesi a reddito medio come la Cina e il Sud Africa che hanno registrato i tassi di crescita delle emissioni pro capite più rapidi dal 1990 al 2015.

Considerando le emissioni globali totali, invece delle emissioni pro capite, si prevede che l’1% più ricco (meno persone rispetto alla popolazione della Germania) rappresenteranno il 16% delle emissioni globali totali entro il 2030, rispetto al 13% nel 1990 e al 15% nel 2015. Le emissioni totali del solo 10% più ricco sono destinate a superare il livello allineato a 1,5°C nel 2030, indipendentemente da cosa fa il restante 90%.
E, non a caso, quell’1 per cento è pure xenofobo...

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